Loris Moscheni

Loris Moscheni


Figlio di Alberto (1918/2003) poeta e uomo dai molteplici talenti, Loris Moscheni nasce a Chioggia nel 1953 dove trascorre l’infanzia e frequenta la scuola dell’obbligo.

Si iscrive poi al Liceo Artistico Statale di Venezia diplomandosi nel 1972  con indirizzo in architettura.

Suoi docenti, nelle discipline visive, sono stati Armando Pizzinato, Luciano Gaspari, Toni Toniato, Gino Morandis, Bruno de Toffoli, Gian Campi, Ivan Beltrame, Ferruccio Bortoluzzi, Romano Perusini e per l’architettura Bruno Venturini.

Alla facoltà di Architettura di Venezia (IUAV) entra nel 1972, conseguendone la Laurea nel 1977.

Dopo l’abilitazione, nel luglio 1978 si iscrive all’Albo dell’Ordine degli Architetti di Venezia, iniziando lo svolgimento della libera professione.

Nel 1986 e 1988 si iscrive alla Scuola Libera del Nudo dell’Accademia di Belle Arti di Venezia.


La produzione pittorica inizia dal periodo degli studi, realizzando una miriade di lavori, utilizzando varie tecniche pittoriche.

Verso la fine degli anni ‘70 individua una ricerca pittorica realizzando una serie di quadri con foglia d’oro, argento, acrilico e china, su tavola, commissionatigli da un estimatore.

Tra questi dipinti vi è la trasposizione pittorica del suo progetto della tesi di laurea.

Dopo varie sperimentazioni  nell’ambito figurativo e astratto, la fusione tra progetto architettonico e pittura, diventa il suo tema dominante, realizzando un ciclo di 29 dipinti eseguiti ad olio e foglia d’oro, completati nel 1985/1986 ed  esposti alla Mostra Antologica (1987) presso la Sala San Filippo Neri di Chioggia, che raccoglieva parte della quasi ventennale produzione di opere dal 1968 (15 anni di età) al 1986 (trentatre anni).

L’azione pittorica successiva non è continua, bensì intervallata da pause, anche lunghe, dovute ai momenti di intenso lavoro nella professione di architetto.

Attese che diventano però momenti di riflessione e studio per la predisposizione di nuovi quadri.

Sintesi, nel 1995, è l’esposizione del ciclo di 30 opere, denominate “Dipinti Recenti”, al Museo veneziano di Sant’Apollonia, recensite da Enzo Di Martino, raffiguranti in linguaggio “aureo”, l’architettura dipinta con i moti dell’anima.

Nel 1996 aderisce all’Associazione degli Architetti Artisti di Venezia creata da Alfeo Pauletta e Vincenzo Cherubini partecipando a tutte le successive Mostre organizzate dal sodalizio, guidato poi da Nicola Pezzetta e infine da Lucia Lazzarotto.


Dal 2000 al 2005 diviene Consigliere dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Venezia, attivandosi,  in questo ambito, anche alla divulgazione dell’attività dell’A.A.A. “Ligne et Couleur” veneziana.

Il periodo dal 1996 al 2003, viene illustrato nella esposizione antologica “50 opere verso i cinquanta”, tenutasi a Chioggia nella Sala San Filippo Neri, dove mostra il suo processo pittorico dalla ricerca del puro colorismo alle tecnologie digitali.

Concerti musicali, luoghi, ricordi del passato, foto, sono i temi prediletti.

Dal 2005 al 2007, presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, riprende la frequentazione della Scuola Libera del Nudo condotta da Igor Lecic, da cui consegue una nutrita produzione di figure.

Dal 2011 riparte con nuove sperimentazioni e vengono realizzati degli assemblati, delle raffigurazioni miniaturistiche dell’architettura dei palazzi veneziani, raccontati su un ipotetico Canal Grande rettilineo, materializza l’opera digitale “Desktop – Cibo per la mente”, tecnologico banchetto concettuale, e l’opera “L’Architetto in Viaggio” archiviazione ordinata dei ricordi.

Dal 2016 c’è un altro periodo, con una pittura “strutturale”, anche di grande dimensione, che procede sino ad oggi, basata, in modo nuovo, alla congeniale ricerca di rappresentazione tra il progetto architettonico e la pittura.

E’ l’evoluzione delle stagioni dei dipinti del 1978, del 1985/86, del 1995 e dei Giubilei del 2000.

Quindi è sempre il progetto di architettura la matrice costante, la protagonista, nella immaginifica declinazione pittorica.

Visioni orizzontali di chiese veneziane, fiorentine, clodiensi, etiopi ed edifici significativi, diventano i soggetti di questa frantumazione-scomposizione in cromatiche armonie.

Ora per il futuro si confida di poter cogliere nuovi estri, ispirazioni, preferenze visive, da trasmutare e trasfigurare in elaborati dipinti o composti, da offrire allo sguardo, si auspica, stupito dell’osservatore.

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